Il segretario generale del Cgie Michele Schiavone interviene sulle polemiche relative alla partecipazione dei connazionali nel mondo alla consultazione referendaria “Il voto dei cittadini residenti all’estero viene sancito nella nostra costituzione ed è riconosciuto anche in tantissime democrazie occidentali. Diversamente bisognerebbe cambiare la costituzione oppure riformare la modalità di voto. Questo, non è un problema degli elettori italiani all’estero ma della qualità della politica e del legislatore italiano”
Il segretario generale del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, Michele Schiavone, interviene ancora sul voto all’estero e sulle polemiche sollevate dalla partecipazione dei connazionali residenti fuori dai confini nazionali alla consultazione referendaria del 4 dicembre relativa alla riforma costituzionale.
“Succede oramai da qualche lustro e sembra un refrain, che si ripete con progressiva enfasi dalle prime votazioni legislative tenutesi nella ripartizione estero nel 2006. Da dieci anni, oramai, gli italiani all’estero sono chiamati a partecipare direttamente alle scelte politiche nazionali in ottemperanza dell’articolo 48 della costituzione. Il loro voto, però, continua ad essere oggetto di acuti e contraddittori scambi di valutazioni tra schieramenti avversi – rileva Schiavone, segnalando come “anche in questa tornata il quesito referendario sia diventato argomento di disputa politica e le elettrici” e “gli elettori italiani all’estero, ai quali la costituzione italiana garantisce piena rappresentanza politica mediante il diritto di voto, vengono tirati per la giacca perché quest’ultimo, a detta di qualche santone della politica e di alcuni saggi di diritto costituzionale, risulterebbe inficiato da brogli, manomissioni ed è macchiato di insufficiente credibilità”. “A chi dà libero sfogo a questa leggenda metropolitana ci viene spontaneo chiedere – prosegue il segretario generale – se c’è fondatezza nelle loro affermazioni e se nel dubbio, gli stessi argomenti usati oggi per l’estero, abbiano concorso parimenti in altri periodi storici a mettere in discussione i principi costituzionali del voto in Italia? Questi principi vengono rispettati e quali sono le condizioni, che garantiscono l’espressione del voto libero, diretto e segreto?”. Il segretario generale si chiede poi se sia “responsabile affermare che nella circoscrizione estero per garantire il voto è necessario inviare gli ispettori Osce” o che si arrivi a “denigrare l’operato di migliaia di persone che hanno preparato il processo elettorale” unicamente per “pura propaganda elettorale”.
“Differenziare il diritto dalla pratica elettorale sicuramente aiuterebbe a superare il dilemma. Ma occorre la volontà politica e la lungimiranza a concepire una comunità inclusiva, perché le polemiche a cui si assiste, purtroppo, lasciano il tempo che trovano – rileva Schiavone, ribadendo come all’estero vi sia la sensazione che “invece di discutere e informare i cittadini sul quesito referendario” si intenda piuttosto “mettere le mani avanti sull’esito referendario”, strategia su cui “si è anche insediata la polemica sul voto all’estero, sulla sua attendibilità e sulla sua correttezza”.
“Allora siamo in tanti a chiederci: perché non siano stati apportati i provvedimenti risolutivi già nelle precedenti tornate elettorali o referendarie? Ce ne accorgiamo solo oggi del presunto problema, dopo che – ricorda Schiavone – in maniera spasmodica entrambi gli schieramenti referendari hanno girovagato nei vari continenti, abusando anche dei rapporti diplomatici tra Stati e invadendo la quiete culturale e politica dei paesi ospitanti? Cosa avrebbero detto gli stessi banditori delle congiure anti stranieri se questi atteggiamenti si fossero verificati sul territorio italiano? È facile intuirlo ma è difficile ammetterlo”.
“A legislazione vigente – prosegue il segretario generale – il voto degli italiani all’estero è un’espressione partecipativa di cittadini uguali e non subordinati a chi risiede nella madrepatria. E questo diritto non viene sancito solo nella nostra costituzione ma è riconosciuto anche in tantissime democrazie occidentali. Diversamente bisognerebbe cambiare la costituzione oppure riformare la modalità di voto. Questo, però, non è un problema dei cittadini elettori italiani all’estero ma, sarebbe giusto aggiungere, della qualità della politica e del legislatore italiano. All’estero gli italiani non si sarebbero mai sognati, come purtroppo è successo per questo referendum, di emulare comportamenti polemici, discutibili e difformi dalle pratiche politiche locali. In tanti usando i social e i moderni media della comunicazione si sono lasciati andare ed hanno scimmiottato l’agorà italiana integrando localmente i peggiori esempi di cui si nutrono le contraddittorie pratiche politiche italiane”.
“Si vuole ben sperare che il voto referendario espresso dagli italiani all’estero non diventi per i futuri analisti materia di dibattito pubblico e decisivo per le sorti dell’Italia. Quest’ipotesi – afferma Schiavone – è da scongiurare come sarebbe auspicabile che la politica nel nostro paese ritornasse a riscoprire e praticare quel ruolo nobile che le si addice, perché sempre dall’osservatorio di chi ama ancora il proprio paese, e gli italiani all’estero lo dimostrano continuamente, ci auguriamo che l’Italia ritorni presto a respirare aria di normalità. Lo merita la nostra gente ovunque essa risieda”.