Pubblichiamo il contributo di Felice Carlo Besostri, avvocato, membro del direttivo del Comitato per il No nel Referendum Costituzionale.
Coordinamento Democrazia Costituzionale. Docente Diritto Pubblico Comparato fino AA 2009/2010 Fac. Scienze Politiche-Univ. Statale MI. Capogruppo DS nella Comm. Affari Costituzionali Senato della Repubblica XIIIa Legislatura. Membro Commissione Giuridica Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa.
La legge elettorale chiamata Italicum (legge n. 52/2015) e la revisione, non riforma ma deforma, costituzionale Renzi-Boschi sono tra loro strettamente legate, come lo erano il Porcellum (legge n. 270/2005) e la revisione costituzionale Berlusconi-Calderoli.
Il Porcellum è stato dichiarato parzialmente incostituzionale, anche con il mio contributo insieme con gli avvocati Aldo Bozzi e Claudio Tani, con la sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale e la revisione costituzionale di Berlusconi fu bocciata dal referendum costituzionale del 2006.
Ora i sostenitori del Sì negano il rapporto tra la legge elettorale e la revisione costituzionale perché temono la stessa sorte. Infatti ben due tribunali italiani Messina e Torino hanno mandato alla Corte Costituzionale l’Italicum su molti aspetti non di poco conto come il premio di maggioranza assegnato con il ballottaggio e i capilista bloccati e pluricandidabili. Con procedura d’urgenza le due ordinanze del 17 febbraio Messina e del 5 luglio Torino sono state riunite per l’udienza del 4 ottobre 2016. Se la Corte Costituzionale dovesse applicare all’Italicum i principi della sentenza sul Porcellum la sua sorte sarebbe segnata, ma la composizione della Corte nel frattempo è stata cambiata: è persino entrato il costituzionalista Barbera, uno dei padri spirituali della nuova legge elettorale.
Sia la legge elettorale che la revisione costituzionale sono state approvate da un Parlamento eletto con una legge incostituzionale e con l’apporto decisivo e determinante di parlamentari eletti con un premio di maggioranza illegittimo. In un qualunque altro paese basterebbe questo fatto per votare NO, invece non se ne parla quasi. Le ragioni del NO non hanno spazio nei mass media televisivi e della stampa quotidiana: anche questo è un motivo per votare NO: cosa deve nascondere il governo se le critiche non possono essere conosciute dal popolo sovrano? Le imprecisioni se taciute ed anche le falsità se ripetute riflettono una concezione del popolo come massa di manovra e non come detentore della sovranità.
Non si affronta il merito, ma prima si voleva chiamare il popolo ad un plebiscito sul capo del governo, visto il fallimento alle elezioni amministrative di giugno, ora la strategia è quella del terrore: se vincesse il NO ci sarebbe una crisi economica e finanziaria.
La riforma è sbagliata perché riduce i poteri del Parlamento a favore del Governo, complica il processo legislativo, non riduce i costi della politica se non in modo irrilevante, si riducono le competenze delle regioni, ma non di quelle più spendaccione, quelle a Statuto Speciale, ma si premiano i consiglieri regionali affinché 74 di loro diventino senatori, insieme a 21 sindaci. In compenso si riduce il peso politico ed istituzionale dei residenti all’estero.
L’Italicum nasce come legge per Camera e Senato, ma di fronte all’impossibilità di trovare un algoritmo che attribuisse lo stesso premio di maggioranza a Camera e Senato, il Senato è stato stralciato con deliberazione dell’Assemblea l’11 marzo 2014 e solo dopo viene presentata in data 8 aprile 2014 la revisione costituzionale….. con un Senato non più eletto dai cittadini!
Non solo nella prima versione dell’Italicum non era più prevista la figura del “capo politico” della lista, che ricompare guarda caso quando il premio non viene più attribuito solo al primo turno con il 37% dei voti, ma in seguito al ballottaggio tra le due liste più votate se nessuna lista raggiunge il 40% dei voti validi espressi, cioè calcolando anche le schede bianche e i voti per liste sotto soglia del 3%. Se vi è un ballottaggio tra 2 liste in realtà sarà un ballottaggio tra i due “capi politici” delle liste, cioè di fatto si elegge in modo ipocrita il Primo Ministro, facendo finta che non si cambia la forma di governo parlamentare. Se vuoi eleggere il Primo Ministro fai una riforma costituzionale e non una nuova legge elettorale, in ogni caso lo dici con chiarezza e non lo nascondi con un trucco.
I poteri del Governo aumentano, ma dopo aver rafforzato il Primo Ministro. Il Governo, solo il Governo, neppure la Camera dei Deputati a maggioranza assoluta, può grazie al nuovo art. 117 c. 4 Cost. “intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva” basta che affermi che lo fa per tutelare l’interesse nazionale o l’unità giuridica e economica della Repubblica. Per il nuovo art. 72 c. 7 Cost. il Governo, quando ritiene che un disegno di legge sia essenziale per il programma di governo, dichiarazione non soggetta a controllo, può imporre la sua iscrizione nel programma dei lavori della Camera e chiedere che sia approvato in via definitiva entro 70 giorni. Un’umiliazione di un Parlamento nel quale grazie al premio la maggioranza ha 340 seggi su 630: non si fida neppure della sua maggioranza! In realtà il governo si rafforza indebolendo tutti gli altri poteri costituzionali. La Camera ridotta a ratificare senza discussione tutto quel che vuole il Governo e il suo Presidente, il Senato di 100 membri non rappresentativi dei cittadini elettori, la Corte Costituzionale eletta per 3 membri da una Camera nelle mani del Governo e per 2 da un Senato di appena 100 membri a mezzo servizio e il Presidente della Repubblica che dipende dalla lista vincitrice del premio di maggioranza, che può bloccare all’infinito la sua elezione, occupando con il suo Presidente della Camera il posto di Capo dello Stato provvisorio (nuovo art.86 c. 1 Cost.).
I costi della politica sono stati identificati soltanto con le indennità di carica dei rappresentanti eletti dal popolo e non con una riduzione dei costi degli apparati: la sola presidenza del Consiglio ha più addetti del Senato e costa di più per una pletora di consulenti strapagati e scelti discrezionalmente. Una riduzione del 10% di tutte le indennità avrebbe comportato un risparmio maggiore della riduzione di 215 senatori. Che il costo delle indennità dei senatori consiglieri regionali e sindaci sia pagata dalle loro Regioni o Comuni è un risparmio per il bilancio dello Stato ma un costo maggiore per le Regioni e i Comuni, che pagano un’indennità per svolgere un lavoro diverso da quello per cui sono stati eletti e con l’aggravio di indennità di trasferta. A parte l’assurdità di prevedere indennità diverse per la stessa funzione: dal deputato regionale siciliano, pagato come un parlamentare, al sindaco di un Comune con 2.000 euro al mese.
Il senato non rappresenta le autonomie ma solo i consigli regionali che scelgono i sindaci all’insaputa dei loro colleghi sindaci della loro Regione. Il nuovo senato dovrebbe rappresentare le autonomie, ma si tiene nascosto che, se un Sindaco di Città Metropolitana, cioè delle entità territoriali più importanti, si fa eleggere direttamente non può essere nominato senatore: un’assurdità.
Sul superamento del bicameralismo paritario c’era un vastissimo consenso bisognava approfittarne per fare una riforma condivisa. Invece siamo passati da un bicameralismo paritario a un bicameralismo confuso e pasticciato quando si poteva passare ad un sistema monocamerale ovvero ad un senato come il Bundesrat tedesco, ovvero il Senato francese dove sono veramente rappresentate le autonomie o quello spagnolo espressione delle Comunità autonome e dei cittadini, con prevalenza di questi ultimi.
Cosa è successo? Nel nuovo senato di 100 membri, alla Val d’Aosta con 126.806 abitanti vengono assegnati 2 senatori; 4 al Trentino Alto Adige con 1.029.475 abitanti; nel senato attuale di 315 membri, rispettivamente ne hanno 1 e 7: cioè raddoppiano il loro peso percentuale mentre vengono tolti i 6 senatori della circoscrizione estero rappresentativi di milioni e milioni di cittadini italiani residenti fuori dall’Italia. Nella logica sbagliata dei falsi riformatori poteva essere conservata una quota di Senatori esteri eletti dai Com.it.es.
La combinazione di legge elettorale e revisione costituzionale rende gli italiani all’estero di serie C. In serie A ci sono i cittadini di Val d’aosta e Trentino Alto Adige che eleggono al primo turno complessivamente 12 deputati, 9 in collegi uninominali e 3 in Trentino Alto Adige di recupero proporzionale, cioè un territorio con 1.156.281 abitanti elegge lo stesso numero di deputati della Circoscrizione estero, che però non parteciperanno al ballottaggio. Di serie B il resto degli italiani senza collegi uninominali ma con i capolista bloccati.
Il Senato nuovo è un pasticcio. Si parla all’art. 57 Cost. di eleggere i senatori con metodo proporzionale tanto per prendere in giro gli elettori (ovvero per incapacità di revisionare la Costituzione) perché in 10 circoscrizioni su 21 si elegge un solo senatore consigliere regionale e in 2 due senatori consiglieri regionali! Il metodo proporzionale obbligatorio per il nuovo art. 57 Cost. è dunque inapplicabile. La funzione legislativa non è stata semplificata a prescindere dal fatto che il problema dell’Italia è l’esistenza di troppe leggi confuse e contraddittorie.
Con 2 Camere ne facciamo già di più della Germania e della Francia, con una Camera al servizio del Governo ce ne saranno ancora di più: il nostro problema è che noi facciamo leggi provvedimento, cioè cose che negli altri paesi si fanno con regolamenti governativi. Si sarebbe potuto ridurre il peso del bicameralismo con semplici riforme dei regolamenti. Quanti sanno che con la fine di una legislatura decade tutto il lavoro fatto fino a quel momento, anche se per approvare definitivamente una legge bastava un voto in Commissione o in Aula? La situazione diventerà grave per l’attuazione del diritto UE. Finora si era trovata una soluzione molto veloce perché le due Camere delegavano con una legge il Governo di dare attuazione alle Direttive Comunitarie. Con il nuovo art. 71 il Senato non rinuncerà ad una delle materie più importanti di legislazione paritaria.
Non si semplifica quando si passa da un articolo di 9 parole in un comma ad uno di 450 parole in 7 commi.
Ma il vero scandalo sta nell’art. 40 c.3 ultimo periodo del ddl costituzionale che recita: “Restano validi ad ogni effetto i rapporti giuridici, attivi e passivi, instaurati anche con i terzi”. Altro che riduzione dei costi della politica: sono constituzionalizzati vitalizi e altri privilegi degli ex parlamentari e i contratti a trattativa privata che hanno arricchito chi affittava edifici alle Camere, faceva lavori o effettuava forniture. Questa norma non è una norma che possa stare in una Costituzione, per questo non se ne parla. In tutti i dibattuti quando si chiedono spiegazioni non si hanno risposte.
Felice Carlo Besostri
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